Van Gogh - Dissertation en italien
Publié le 29/08/2012
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Al centro del dipinto vi è una strada che indirizza verso il limitare dell'orizzonte. Questa strada sembra svanire nel nulla o sembra sbrogliarsi in un luogo sconosciuto. In realtà, forse, non si va da nessuna parte. E' una strada che porta al termine della coscienza e della conoscenza. E' un sentiero verso l'ignoto. Verso il nulla o verso un'infinito da cui non si può più tornare. Senza compagni di cammino. Senza vie di fuga. Senza possibilità di scegliere. La strada è composta da colori diversi. Due fascie verdi delimitano lateralmente la parte centrale dai toni quasi purpurei. Le fascie sembrano indicare un percorso obbligato che pare una ferita. In realtà osservando attentamente il dipinto, pare quasi di trovarsi di fronte a un bivio. Forse esso rappresenta la confusione all'interno della mente dell'artista. Ma tuttavia la direzione che egli forse vorrà prendere è quella che si trova davanti, quella che ha delineato volontaramente meglio sulla tela. Un elemento che spicca più di ogni cosa e pare provenire da quella direzione sono i corvi: sgraziate e imprecise sagome nere che sembrano venirci incontro. Sembra quasi di udire i loro disarmonici versi nel mezzo del silenzio. Toni uditivi disarmonici che si accordano perfettamente con i toni visivi disarmonici del dipinto. I corvi sono come insidie, come lame taglienti che perforano la mente dell'artista. Corvi che girano intorno alla testa, segni di un esistenza tormentata. Di un disturbo mentale. Creano uno stato d'ansia dal quale l'artista vorrebbe liberarsi. Forse essi sono proprio un preambolo, un anticipo di morte. Portavoce di quel cammino verso l'ignoto da cui non si può più tornare. Infatti, in quei giorni, Van Gogh girava tra i campi senza la sua attrezzatura da pittore. Aveva con sè una rivoltella per sparare ai corvi: si tolse la vita sparandosi al petto. Anche se è ormai da sfatare il mito del dipinto come 'biglietto da visita del suicidio' esso non comunica in nessun modo la serenità della campagna. Siamo ormai lontani da quell'individualismo romantico in cui l'uomo cerca salvezza nel sentimento della Natura. La Natura per Van Gogh è ben diversa da quella descritta dal filosofo J.J Rousseau. Essa non è una 'madre salvifica spassionatamente buona' ma piuttosto una nemica, un fardello e un peso sotto il quale ci si sente schiacciati, costretti, oppressi. Questa percezione tragica è dettata dalla follia che in un qualche modo avvicina la visione di Van Gogh a quella di un G. Leopardi: 'la Natura è come una matrigna, cieca perseguitrice dell'obiettivo del mantenimento della specie a scapito dell'individuo. Essa è responsabile dell'infelicità umana.'
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prendo come spunto alcuni versi della celebre poesia di Montale:
Spesso il male di vivere ho incontratoera il rivo strozzato che gorgoglia,era l'incartocciarsi della fogliariarsa, era il cavallo stramazzato
effettuando su di essa una libera trasfigurazione possiamo renderla conforme e partecipe al capolavoro di Van Gogh:
Spesso il male di vivere ho incontrato:era il cammino strozzato che si annulla,era l'inchinarsi della spigariarsa, era il cielo agitato
UNIVERSITA' DI PAVIA
Corso di lingue e culture moderne
Corso di Metodologia dell' Arte Contemporanea.
Anno Acc.
2005/2006Docente: Dott.
Campiglio Paolo
Breve relazione interpretativa sull'opera:'Campo di grano con volo di corvi'di Vincent Van Gogh
[pic].
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