SIRI NERGAARD - LE TEORIE DELLA TRADUZIONE NELLA STORIA (résumé en français)
Publié le 12/01/2024
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FOLENA afferma che la TRADUZIONE sia alla base della TRADIZIONE, dal momento
che le due si muovono di pari passo.
Affinché questo accada è indispensabile tracciare
una
STORIA
DELLA
TRADUZIONE,
la
quale
renda
possibile
una
sorta
di
TEORIZZAZIONE.
Non si può parlare di teoria al singolare, poiché non sarebbe
corretto, dato che esistono DIVERSI CONTESTI LETTERARI, LINGUISTICI, SOCIALE,
ETC., che comportano l’esistenza di TEORIE al plurale.
In ogni caso esse hanno degli
ELEMENTI COMUNI che le contraddistinguono: si trovano nel PARATESTO, si occupano
spesso di TRADUZIONE ARTISTICA e affrontano i PROBLEMI DEL TRADURRE.
L’idea di
una differenza nella traduzione dei testi risale direttamente a CICERONE il quale,
utilizzando i termini ORATOR e INTERPRES, voleva indicare rispettivamente chi si
occupava di tradurre testi artistici e chi invece testi tecnici/scientifici.
Egli si riteneva
un orator.
S.
GIROLAMO, sempre riguardo la distinzione dei testi, affermava che solo i
testi biblici dovevano essere tradotti letteralmente, tutti gli altri “ad sensum”.
Steiner afferma che è proprio da Cicerone che le idee sulla traduzione si sono fissate e
che le domande su di essa non sono mai cambiate: c’è sempre stata la
contrapposizione tra LETTERA e SPIRITO (tradurre letteralmente o no?) che, però,
viene affrontata in maniera diversa nel corso degli anni in base ai contesti storici, politi
e culturali, formando così TEORIE.
Steiner dice che il modo di tradurre cambia poco,
ciò
che
cambia
è
il
contesto
e
le
motivazioni
per
cui
si
traduce.
La traduzione è considerata come CREATRICE DI LINGUE E DI CULTURE, dal momento
che giocano un ruolo fondamentale nell’arricchimento linguistico e letterario di arrivo,
tanto che FOLENA AFFERMA CHE OGNI CIVILTA’ NASCE DA UNA TRADUZIONE.
A
testimonianza
di
ciò
ci
sono
2
ESEMPI:
1) La LETTERATURA ROMANA si è costruita in gran parte grazie alle traduzioni dal
greco;
2) La nascita del TEDESCO MODERNO sarebbe stata impossibile senza la traduzione
luterana della Bibbia.
HUMBOLDT è convinto che tradurre aumenta l’importanza della lingua d’arrivo, nonché
la capacità espressiva della lingua stessa.
È quella che EVEN-ZOHAR chiamerà
TRADUZIONE INNOVATIVA (ovvero una traduzione che contribuisce al MODELLING
CENTER del sistema letterario).
LEFEVRE afferma che, in ogni caso, la TRADUZIONE NON è MAI NEUTRALE, nel senso
che essa viene sempre influenzata da qualcosa (centri di potere, ideologia, idee
letterarie) e finisce con l’essere una sorta di MANIPOLAZIONE DEL TESTO ORIGINALE.
Riguardo alla posizione del traduttore è giusto citare anche ROSENZWEIG, il quale
afferma che il traduttore deve servire DUE PADRONI, ovvero L’ORIGINALE e LA
TRADUZIONE; perciò, egli non serve solo il testo in sé, bensì anche gli interessi
ideologici e culturali di coloro per cui traduce.
L’attività del tradurre può essere ricollegata all’ANTICHITA’ LATINA, in cui era
considerata come un ESERCIZIO PEDAGOGICO E TEORICO, UTILE PER FACILITARE IL
PROCESSO DI ASSIMILAZIONE DELLE LETTERATURE E DELLE FILOSOFIE ELLENICHE.
I greci, invece, avevano tradotto solo per necessità, ma il loro atteggiamento era
diffidente e scettico nei confronti della traduzione.
Il primo traduttore che si conosce è
LIVIO ADRONICO, il quale tradusse l’ODISSEA di Omero.
Lo scopo della sua
traduzione era quello di ROMANIZZARE Omero, ovvero renderlo fruibile il più possibile
ai lettori latini.
La ROMANIZZAZIONE avveniva sia a LIVELLO CONTENUTISTICO che a
LIVELLO DELL’ESPRESSIONE.
Questa consisteva in una traduzione molto libera, che
quasi trasformava lo scritto in una nuova opera.
Per i latini, infatti, la traduzione era
più un’emulazione che un’interpretazione.
La fedeltà a cui siamo abituati oggi veniva
tradita completamente.
Il “DE OPTIMO GENERE ORATORUM” di Cicerone è il testo più
antico contenente riflessioni sul tradurre.
In questo testo cicerone celebra la
TRADUZIONE LIBERA dei testi artistici, ovvero quella che vuole “rendere poesia con
poesia”.
Oltre a Cicerone, altri testi teorici importanti furono “ARTE POETICA” di Orazio
e gli scritti di Quintiliano.
È importante affermare che le loro affermazioni sul tradurre
sono, ancora oggi, le più citate.
Il capitolo più importante della storia della traduzione occidentale è quello della
TRADUZIONE BIBLICA.
Steiner afferma che gran parte della teoria e della pratica della
traduzione scaturisce proprio dall’ESIGENZA DI TRADURRE I VANGELI.
Due sono i
personaggi che hanno tradotto la Bibbia con conseguenze storiche: S.
Girolamo e
Lutero.
S.
Girolamo opera nel V sec.
d.C.
ed è il principale autore della Vulgata, che consiste
in una revisione delle traduzioni già esistenti del Nuovo Testamento e una traduzione
integrale dell’Antico Testamento.
Egli subirà diverse contestazioni, soprattutto da S.
Agostino, dal momento che lo stile utilizzato era troppo semplificato e chiaro.
Questo
perché i due santi avevano fini diversi: Girolamo voleva rendere i testi sacri
intellegibili, mentre Agostino affermava che era proprio nell’oscurità stessa dei
messaggi biblici che risiedeva il contenuto pedagogico e religioso del testo sacro.
S.
Girolamo utilizzò il metodo della riproduzione del SENSO ORIGINALE, appoggiandosi a
Cicerone e a Orazio, e non la traduzione parola per parola; perciò, modificò il testo
laddove egli lo riteneva poco chiaro.
Durante il MEDIOEVO il centro culturale passa dall’Italia, Roma, alla Spagna, Toledo,
con “LA SCUOLA DI TOLEDO”.
Generalmente SI RIFIUTA L’ELOQUENZA CICERONIANA,
poiché la traduzione non viene più considerata un’arte; quindi, non c’è più il
predominio della bellezza del testo, bensì IL RISPETTO DELL’ORIGINALE.
Questo
perché l’originale era sempre la Bibbia o un testo sacro.
I traduttori, di conseguenza,
si limitavano a trasportare in latino le parole dell’originale in modo minuzioso e servile.
Questo atteggiamento era anche dettato dalla crescente CENSURA esercitata dalla
Chiesa su ogni tipo di produzione letteraria/artistica.
Ma la traduzione medievale è
molto importante soprattutto per la nascita e l’affermazione delle LINGUE VOLGARI:
infatti è grazie alle traduzioni (dal latino al volgare) che questi nuovi idiomi si
affermano e si consolidano come lingue anche scritte.
L’UMANESIMO vede il ritorno della traduzione dal greco al latino.
Questo perché si
dimostra una nuova sensibilità verso il problema della traduzione con la rinascita degli
studi classici e il recupero dei loro modelli estetici.
Lo scritto fondamentale di questo
periodo è il “DE INTERPRETATIONE RECTA” di LEONARDO BRUNI.
Oltre ad essere il
primo scritto a contenere il verbo “traducere” come noi lo intendiamo, esso offre delle
regole fondamentali del TRADURRE CORRETTAMENTE.
Esse sono collegate al nuovo
spirito umanistico, per i quale erano basilari i criteri filologici; perciò, bisognava
CONOSCERE MOLTO BENE IL TESTO DI PARTENZA, bisognava AVERE PADRONANZA DI
ENTRAMBE LE LINGUE e bisognava FARE PARTICOLARE ATTENZIONE ALL’ELEGANZA
STILISTICA.
È durante questo periodo che c’è un ulteriore spostamento dei centri culturali, che
vede la GERMANIA come polo culturale più attivo in questo campo.
Iniziano, di
conseguenza, a comparire anche i primi trattati sulla traduzione al di fuori del contesto
italiano, in cui c’è uno sviluppo linguistico più evidente.
I principi della traduzione dell’Umanesimo possono essere ritrovati nei lavori di Lutero
e Erasmo, i quali traducono, rispettivamente, la Bibbia e il Nuovo testamento.
È
fondamentale l’atteggiamento di Martin Lutero che, in accordo con lo spirito della
Riforma, desiderava rendere il testo il più intellegibile possibile e comprensibile a tutti.
Per farlo egli crede che sia necessaria una GERMANIZZAZIONE, perciò il suo metodo
sarà quello di una TRADUZIONE LETTERALE UNITA AD UNA LIBERA, in modo tale da
poter mantenere allo stesso tempo le parole e adottare un senso proprio.
La
traduzione della Bibbia di Lutero ha effetti sulla cultura e identità tedesca in generale,
poiché l’atto stesso del tradurre rivela l’esistenza di una CULTURA TEDESCA.
C’è, però,
una voce fuori dal coro, ovvero quella di HUET, il quale afferma l’importanza di
mantenere il senso originale voluto dall’autore e, nei limiti, anche il suo stile
personale.
Il SEICENTO IN FRANCIA è caratterizzato dall’idealizzazione dell’antico e il senso della
superiorità della cultura francese, perché storicamente si credeva che questa società
avesse raggiunto il livello più alto di civilizzazione proprio in questo periodo.
È proprio
in questi anni che GILLES MENAGE conia il termine BELLE INFIDELE, una traduzione
che non rispetta il testo originale poiché si adegua ai criteri stilistici dell’epoca; perciò,
si predilige una traduzione AGREABLE et ELEGANTE.
IL SEICENTO IN INGHILTERRA è dominato da DRYDEN, definito LAWGIVER TO
TRANSLATION; quindi, il primo a fornire leggi specifiche per quanto riguarda la
traduzione.
Egli,
infatti,
nelle
sue
“EPISTOLE”
teorizza
3 MODELLI DI TRADUZIONE:
1) METAFRASI traduzione letterale;
2) PARAFRASI traduzione che tiene sempre presente il punto di vista dell’autore
(modello da lui scelto);
3) IMITAZIONE traduzione che non rispetta né le parole né il senso.
Il paese europeo che tra il Seicento e il Settecento si pone al primo posto per quanto
riguarda la teoria e la pratica della traduzione è la Germania.
Questo paese vive la
traduzione come un potenziamento culturale, come un’attività foriera di novità.
L’importanza data alla filologia in età umanistica, si sposta verso L’ERMENEUTICA, e
tutte le traduzioni, secondo Berman, si rifanno storicamente a quella della Bibbia di
Lutero.
La traduzione ha ormai un significato deciso, essa rappresenta la collettività, la
nazione ed è qualcosa di popolare, tanto che il traduttore deve adattare la propria
lingua verso quella straniera.
Inoltre, c’è bisogno della partecipazione attiva del
lettore, di una sorta di empatia che riesca a far venire incontro il lettore alla diversità
del testo e della lingua straniera.
I due teorici più....
»
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