Connessioni strutturali tra l’evoluzione economica tra Sei e Settecento e gli odierni contesti globalizzati.
Publié le 31/01/2022
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Connessioni strutturali tra l’evoluzione economica tra Sei e Settecento e gli
odierni contesti globalizzati.
Il Settecento fu caratterizzato da un’intensa crescita demografica a livello in primis
europeo ma anche mondiale, che si accentuò a partire dal 1750 e da allora non si è
più fermata: per questo si colloca in questo periodo l’inizio della cosiddetta
“rivoluzione demografica”.
In tutte le epoche precedenti, infatti, l’andamento della
popolazione mondiale era stato oscillante, con periodi di crescita che si alternavano ad
altri di equilibrio o calo.
Dal Settecento a oggi, invece, c’è stato un continuo aumento
degli abitanti del pianeta, passando da circa 800 milioni nel 1750 ai quasi 10 miliardi
di oggi.
Questa è di certo la connessione strutturale più importante: la situazione attuale è
infatti il naturale proseguimento di ciò che iniziò nel XVIII secolo.
L’aumento della popolazione, però, non fu equamente distribuito in tutto il continente
europeo.
La crescita fu più intensa nelle aree meno densamente abitate, come la
Scandinavia, la Germania e la Russia.
Nelle regioni che già all’inizio del Settecento
avevano una densità abitativa superiore, in particolare Francia e Italia, l’incremento fu
meno netto.
Anche questa è un’analogia con il presente, perché oggi i Paesi che avevano una
densità demografica maggiore 50-60 fa, come l’Europa e la Cina, crescono di
popolazione molto di meno rispetto all’Africa.
Oggi però le differenze sono più marcate
che nel 700: infatti alcuni Paesi avanzati come il Giappone e molti Paesi europei hanno
una crescita demografica vicina allo zero, tanto da avere bisogno di immigrati.
L’aumento demografico nel 700 fu soprattutto reso possibile da una maggiore
disponibilità di cibo dovuta ai miglioramenti delle tecniche agricole e all’introduzione di
nuove piante provenienti dalle Americhe.
La produzione europea, infatti, riusciva solo
in parte a soddisfare l’incremento della domanda di cibo causato dall’aumentare della
popolazione.
Per il resto, furono i prodotti provenienti da oltreoceano – come il mais,
la patata e lo zucchero – attraverso il commercio, che nel corso del Settecento visse
una fase di forte espansione intercontinentale, a rispondere ai bisogni degli europei.
Allo stesso modo, anche oggi ciò che mangiamo in Europa proviene solo in parte dal
nostro continente.
Mais, soia e grano e anche la carne continuano a venire dalla
Americhe, il riso dell’Asia, molta frutta dell’Africa o Sudamerica.
La differenza, invece,
è che se nel 700 quasi solo l’Europa consumava i prodotti degli altri continenti, ora
sono molti di più i Paesi che comprano cibo in altri continenti e quindi si può dire che il
commercio internazionale, almeno per quando riguardo il cibo, non abbia più un
centro, ma che ormai sia esteso a tutto il mondo.
Ciò però non significa che ora tutti traggano uguali vantaggi dalla globalizzazione.
Nel
700 i traffici commerciali internazionali arricchivano solo alcune classi, come i
proprietari terrieri e i mercanti, quasi esclusivamente europei.
Questo avveniva perché
solo alcuni stati – soprattutto Francia, Inghilterra e Olanda – erano in grado di
trasformare le materie prime per poi vendere i prodotti finiti.
In questo modo, questi
Paesi si arricchivano, mentre le periferie che davano all’Europa le materie prime.
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